A un terzo trimestre che gli analisti hanno definito senza mezzi termini disastroso, con perdite nette superiori ai 100 milioni di dollari, ne seguirà un altro che forse sarà anche peggiore. E su Palm tornano a campeggiare nubi minacciose. Le stime di fatturato appena annunciate dalla società californiana parlano di ricavi che non supereranno i 150 milioni di dollari, praticamente la metà di quelli previsti dagli analisti e di quelli consolidati nell'ultimo deludente quarter, che ha registrato entrate prossime ai 350 milioni rispetto agli oltre 400 milioni a suo tempo previsti. Apprendendo la notizia del negativo out look, Wall Street ha reagito malamente, il titolo è crollato in Borsa di quasi il 20% e l'intera comunità finanziaria si sta di nuovo chiedendo quale potrà essere il futuro prossimo della società che ha inventato i computer palmari e che fra le prime ha creduto al fenomeno degli smartphone.
I timori delle scorse settimane, quando Palm anticipò pubblicamente un esercizio 2010 difficile a causa della lentezza con la quale il mercato consumer stava recependo i nuovi prodotti, si stanno rivelando quindi in tutta la loro evidenza. Il Ceo Jon Rubinstein ha stressato il fatto che se gli smartphone a piattaforma WebOS (il sistema operativo open source di Palm) fossero stati distribuiti negli Usa dall'operatore Verizon prima del Motorola Droid i risultati di vendita sarebbero stati migliori. E le sorti future della società sarebbero, oggi, probabilmente molto differenti. Invece elevate quantità dei modelli Pre e Pixi sono rimaste nei magazzini dei carrier – dei circa 960mila telefonini consegnati al canale nel terzo trimestre solo poco più di 400mila sono stati acquistati dai consumatori, con una flessione del 29% rispetto ai tre mesi precedenti - e la priorità numero uno è ora quella di abbassare le scorte (lavorando probabilmente su sconti e promozioni) senza che nessuno possa avere certezze su quando il problema verrà del tutto risolto.
La difficile situazione che deve affrontare Palm è naturalmente condizionata dai successi di vendita di Applee Research in Motion – forti con i rispettivi smartphone soprattutto in Nord America – ma nasce in realtà da molto più lontano. Da quando, in buona sostanza, Nokia ha messo in campo un'intera famiglia di prodotti (la serie N) con determinate caratteristiche funzionali e dal fallimento del sodalizio di Palm con Microsoft per l'adozione di Windows Mobile. Ora Palm ha abbandonato del tutto il software "made in Redmond" per puntare tutto sul proprio sistema (WebOS) ma intanto la concorrenza non ha perso tempo nell'affilare le armi per conquistarsi un posto al sole negli smartphone. E la discesa in campo di Google con Android ha enfatizzato le difficoltà di Palm. Dopo l'inevitabile ammissione di risultati deludenti e sotto le attese, dal Ceo di Palm sono arrivate dichiarazioni piene di ottimismo sul futuro, ma il possibile riassetto delle strategie di vendita, il lancio di nuovi prodotti e i nuovi accordi con gli operatori potrebbero non essere sufficienti a cambiare rotta. Tanto che le indiscrezioni su una possibile scalata alla società sono tornate a farsi insistenti. Se fino a qualche mese fa i possibili pretendenti rispondevano ai nomi di Nokia, Dell e Hp, oggi il candidato più gettonato è quella Google che negli smartphone deve e vuole fare il botto. E se invece su Palm, come qualcuno ipotizza, ci stesse facendo invece un pensierino Apple?
Il telefonino di Google fa flop nei primi due mesi
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